Dazi e Buoi dei Paesi tuoi

Tra gli sport più in voga nel favoloso mondo di Occidente c’è Il “Dazio Funesto”, una competizione che consiste nel condannare a reti, giornali e Parlamenti unificati ogni forma di protezionismo di un Paese a favore della propria Economia, delle proprie Imprese e quindi dei propri Cittadini. Il solo pronunciare la parola “dazio” equivale alla bestemmia di un prete sull’altare. Il Credo neoliberista infatti, assunto ormai al ruolo di Religione Laica, condanna qualunque tentativo di mettere in discussione la libera circolazione delle merci specie se prodotte in paesi del terzo mondo, con manodopera sottopagata, senza regole e senza tutele. Al solo sentire pronunciare la parola “Dazio”, c’è la consueta levata di scudi e l’abituale obiezione: “se un Paese impone dei Dazi gli altri faranno lo stesso minando irreparabilmente l’export di quello sventurato Paese”. Per effetto del suddetto Culto neoliberista vige il dogma secondo cui un’economia possa prosperare solo in virtù di un consistente mercato delle esportazioni. Si trascura il dettaglio che se così fosse e fossimo tutti esportatori mancherebbero i Paesi che quelle merci le importano. La libera circolazione delle merci è un comodo espediente per favorire pochi a discapito di tutti gli altri. Basta scollegare la parte razionale del cervello per scordarsi che in un’ economia sviluppata, con un mercato interno fiorente e protetto le Aziende fanno abbastanza utili per vivere e prosperare e con loro tutto il paese e i suoi cittadini. Il mercato dell’auto italiano vantava diversi marchi di eccellenza: Fiat, Lancia, Alfa Romeo che vendevano quasi esclusivamente in Italia ma questo non gli impediva di prosperare dando lavoro a migliaia di cittadini. Dopo che l’Italia e queste Aziende si sono votate al mercato globalizzato, senza tutele per il mercato interno, si è perso gran parte del mercato domestico e ci si è schiantati su quello globale. Il Protezionismo con i suoi Dazi, oltre a proteggere il mercato interno induce molteplici effetti benefici: stimola la ricerca, la produttività e la qualità dei prodotti. La competizione tra Aziende dello stesso Paese infatti non è più legata a meri fattori economici di costo, ma si compete ad armi pari.  Sono stile, innovazione e qualità a discriminare tra i diversi prodotti. Il fattore costo diventa gestibile e secondario e non si è più soggetti alla competizione con economie troppo diverse, senza le stesse regole e le stesse tutele, impossibili da affrontare sul piano dei costi senza stravolgere i parametri produttivi interni, in particolare le tutele e i diritti dei lavoratori.
Quindi ben vengano “Dazi e Buoi dei paesi tuoi” perché Paesi come l’Italia, con un tessuto industriale e produttivo moderno e sviluppato non possono che averne vantaggi. I suoi prodotti all’interno del Paese diventano nuovamente competitivi, e grazie alla qualità, stile, innovazione si possono presentare sui mercati internazionali con caratteristiche vincenti. Non sarà il costo a frenare il desiderio di acquistare prodotti “made in Italy” in tutto il mondo. Moda, Agroalimentare, Design, Tecnologia ecc. si vendono all’estero non perché costano poco ma perché rappresentano l’eccellenza.
Non per questo i Sacerdoti neoliberisti dall’alto dei loro altari televisivi e dai loro scranni parlamentari smetteranno di bacchettare severamente gli eretici protezionisti, dicendo “Come faremo ad importare le cose che non si producono sul posto e i beni primari: materie prime ed energia?”
La risposta è addirittura banale. Lo Stato finanzierà ricerca e sviluppo affinché il sistema industriale possa produrre tutto quello che serve smettendo nel breve e medio termine di importarlo Nel settore energetico lo Stato può creare infrastrutture, già oggi possibili, per rendersi autonomi dal punto di vista energetico. Più in generale, per quanto riguarda materie prime ed energia, non è stato mai un problema importarle e si può scegliere tranquillamente di non sottoporre a dazi i prodotti che si ritiene strategici e non dannosi per l’economia interna del paese. Infine si possono attuare politiche di approvvigionamento che privilegiano fornitori competitivi scevri da pregiudizi e costrizioni di natura geopolitica. Tutto questo lo Stato può farlo a maggior ragione se per finanziare sviluppo, infrastrutture e ricerca crea e utilizza “Risorse proprie” e smette di indebitarsi in una Moneta che non emette ma che è costretto a prendere in prestito dai mercati Finanziari. Ancora meglio se regola il carico fiscale, riducendolo drasticamente per liberare enormi risorse e sgravare le imprese e i cittadini da una pressione ingiustificatamente alta e fatale per l’economia nazionale.

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