La recente liberalizzazione, in Uruguay e in Colorado, della coltivazione e vendita della “droga leggera” per eccellenza, la marijuana, inevitabilmente riapre la discussione, in tutto il mondo, sulle politiche proibizioniste.
Riflettendo su questa notizia viene in mente la favola di Andersen in cui un bambino, scevro da condizionamenti politici, etici o religiosi osa dire quello che è davanti agli occhi di tutti:” Il re è Nudo!”.
Parlare di legalizzare in modo controllato la vendita e l’utilizzo delle sostanze stupefacenti è tanto ovvio quanto ‘stupefacente’ per una società e una politica che hanno sempre, univocamente, percorso la strada del proibizionismo più intransigente.
Se però qualche parlamentare oggi in Italia, avanzasse la proposta di proibire il tabacco o gli alcolici, dubito che troverebbe molti colleghi disposti a sostenerla e se in America un deputato o senatore volesse tornare al proibizionismo sulla vendita degli alcolici, sarebbe portato a casa da robusti infermieri. Perché allora quando si parla di droghe, leggere o pesanti, i cervelli hanno improvvisamente un black-out e iniziano a sostenere opinioni completamente scollegate dai fatti e dalla realtà?
In Italia, così come negli Stati Uniti e in ogni parte del mondo, gli stupefacenti sono, già oggi, di fatto liberi. Chiunque, persino un bambino è in grado di procurarseli con poco sforzo e a prezzi irrisori. Il fatto che spacciarli sia reato non influisce minimamente sulla loro diffusione, ma acuisce semmai le problematiche legate alla loro pericolosità: sostanze tagliate male, prodotti chimicamente pericolosi, creati per abbassare i costi o incrementarne gli effetti, problematiche sanitarie, ricorso ad ogni tipo di espediente per procurarsi il denaro per le dosi, finanziamento di fatto e in quantità massicce della piccola criminalità che gestisce lo spaccio e delle mafie che controllano il mercato.
A chi giova tutto questo? Sono solo considerazioni di carattere etico, morale o religioso che inducono, in tutto il mondo, una strategia politica univoca, incardinata a uno sterile proibizionismo, oneroso in termini di costo quanto drammaticamente inefficace?
Ovviamente non giova ai cittadini che subiscono tutte le conseguenze negative di cui sopra e non è un deterrente per chi queste sostanze le usa come e quando vuole. Proviamo a dare una spiegazione. In questi anni assistiamo, in tutte le Istituzioni dove si forma il pensiero politico che porta poi alle leggi, promulgate poi dai parlamenti Nazionali e Sovranazionali, Comunità Europea o Parlamento Federale Americano, a una costante, attenta, capillare, azione di Lobby che, in maniera sempre più scoperta e in certi casi addirittura riconosciuta legalmente, condiziona ogni scelta politica. Questa azione, che spesso gode di finanziamenti praticamente senza limiti, è oltremodo facilitata se a semplici considerazioni di tipo economico o corporativo si aggiungono quelle di carattere etico, morale e finanche religiose. Il risultato sono politiche proibizioniste inefficaci, dispendiose, socialmente onerose per le conseguenze sul sovraffollamento delle carceri e sull’assistenza dei tossicodipendenti, sbagliate dal punto di vista sanitario perché impediscono il controllo sulle sostanze e l’assistenza ai pazienti. Chi ci guadagna in tutto questo? Cosa accadrebbe se alle Mafie venisse a mancare l’enorme finanziamento legato al traffico degli stupefacenti, quali benefici invece ne deriverebbero per lo Stato e i cittadini? La domanda a cui dobbiamo rispondere è la seguente: quale deve essere la funzione dello Stato? Una volta chiarito questo concetto tutto il resto è conseguente e facilmente discriminabile. La funzione dello Stato, a mio parere, è quella di gestire la realtà esistente, in modo da favorire il benessere di tutti i cittadini, garantendo che tutti possano esercitare la loro libertà purché questo non violi il diritto di altri cittadini. Considerazioni morali, religiose, o di altro genere non devono influenzare la gestione della cosa pubblica per evitare di creare alibi per la difesa di interessi indicibili in mano a coloro i quali, lo Stato, per il bene dei cittadini, dovrebbe invece combattere.