Autosufficienza = Democrazia

 

Diceva Epicuro “ la più grande ricchezza è nel bastare a se stessi”.
Gli esseri umani spontaneamente si sono sempre aggregati in comunità più o meno grandi e grazie allo sviluppo tecnologico sono riusciti a soddisfare i bisogni essenziali legati alla sopravvivenza e poi al benessere. Gli Stati, in particolare, hanno rappresentato un traguardo evolutivo fondamentale poiché hanno generato un “equilibrio naturale” aggregando in un territorio circoscritto popolazioni con tradizioni e culture comuni e dotandoli progressivamente di leggi, mezzi di sussistenza, tecnologia e infrastrutture produttive sufficienti a garantire il benessere di tutti.
Per il successo della forma Stato la “Dimensione” è l’elemento fondamentale.
Una dimensione troppo piccola o troppo grande ne altera l’equilibrio naturale perché le risorse sono troppo scarse in un caso o il territorio troppo vasto e le popolazioni troppo eterogenee, per regolare con efficacia i rapporti tra le persone, nell’altro.
Quel è allora la dimensione giusta di uno Stato?
Quella che ne garantisce l’Autosufficienza!
E cosa si intende per autosufficienza? Non isolazionismo o chiusura dei confini!
Un territorio può non disporre di tutte le risorse necessarie in termini di materie prime, infrastrutture, energia e competenze. Gli scambi con le popolazioni vicine e con il resto del mondo sono perciò necessari e sono stati da sempre un indispensabile strumento di sviluppo e progresso.
Autosufficienza quindi non vuol dire isolamento ma ricerca di Equilibrio.
In una logica di autosufficienza le risorse interne devono essere indirizzate prioritariamente alla produzione di beni destinati a soddisfare le richieste del Mercato Locale.
Il focus di uno Stato, diversamente da quanto postulato dai moderni dogmi neo-liberisti, sostenuti a reti unificate dai Media, dai Politici e dagli intellettuali da salotto, non deve essere la competizione sui costi per prevalere sui mercati globalizzati, ma la realizzazione di un sistema produttivo, infrastrutturale e di approvvigionamento energetico capace di soddisfare le richieste del Mercato interno. Se in questo percorso per talento, competenze, scoperte scientifiche, cultura, si creano delle produzioni di eccellenza queste si candidano anche ad essere esportate. L’appeal di un prodotto ad essere esportato non deve mai però essere il prezzo ma il suo valore intrinseco in termini di bellezza, gusto, prestazione, funzionalità, unicità. Si decide altresì di importare un prodotto solo se manca sul territorio nazionale in quantità sufficienti a soddisfare la domanda interna o perché ha caratteristiche uniche e utili alla Comunità. L’importazione non deve essere mai indotta dal minor costo rispetto al prodotto analogo e disponibile in quantità adeguate all’interno dei confini nazionali. Il minor costo di un prodotto fuori dai confini nazionali è sempre legato ad alchimie economiche e produttive (mancanza di tutele ambientali, di salute e sicurezza) e allo sfruttamento di altri esseri umani costretti a lavorare per stipendi da fame. La concorrenza sui prezzi deve essere disincentivata dalla Stato per salvaguardare le Aziende e i posti di lavoro interni.
Sto parlando di Dazi? Certamente si!
I Dazi sono stati demonizzati per anni dalla propaganda neo-liberista e globalista ma in realtà si tratta di strumenti indispensabili a salvaguardare l’economia e il benessere di una Nazione. I Dazi di fatto arginano efficacemente l’avidità delle Élite Finanziarie apolidi e la speculazione dei mercati globalizzati che massimizzano i profitti di pochi sulla pelle delle masse di lavoratori sparsi in tutto il mondo e ridotti alla stregua di servi della gleba. Ovviamente i Dazi sarebbero reciproci, ovvero anche i nostri prodotti li subirebbero sui mercati esteri.  Ma questo poco importa avendo postulato che le produzioni interne devono essere destinate prioritariamente al Mercato Interno. Il Mercato Interno di conseguenza dovrà essere sufficientemente grande e garantire un livello di domanda aggregata e quindi di ordinativi sufficientemente alto da assicurare, da solo, un equo e vantaggioso profitto per le Imprese.  Lo Stato sarà obbligato a garantire un potere d’acquisto adeguato alla popolazione, perseguirà quindi la piena occupazione e assicurerà un livello salariale adeguato a tutti i lavoratori. Guarda caso sono i principi base della nostra Costituzione che, in uno Stato che basa la sua politica economica sull’Autosufficienza, diventano principi indotti obbligatoriamente. Non si può essere autosufficienti se il tasso di disoccupazione va oltre la soglia fisiologica o se il reddito da lavoro non è commisurato all’andamento dei prezzi e non offre la possibilità di acquistare quello che il sistema produttivo sarebbe in grado di offrire. Un esempio per tutti: quando lo Stato Italiano finanziava pesantemente il mercato dell’auto per ridurre il tasso di disoccupazione in aree particolarmente disagiate del paese (Termini Imerese, Pomigliano, Melfi) e le auto della Fiat venivano vendute prevalentemente in Italia, il primo acquirente della Fiat era l’operaio Fiat. Oggi, in epoca globalizzata e senza più lo Stato nella veste di finanziatore dell’industria dell’auto, l’operaio Fiat, anzi FCA, anzi Stellantis, non ha un reddito sufficiente per acquistare l’auto che produce, destinata invece ai mercati globalizzati. Il suo Stipendio non è necessariamente commisurato al prodotto fabbricato con il suo lavoro ma viene tenuto il più basso possibile perché quell’auto deve competere sul mercato globale. Nella competizione dei prezzi il taglio del costo della manodopera è la manovra principe che si adopera, poi vengono le delocalizzazioni e l’automazione spinta, fino a non avere neanche più bisogno delle fastidiose maestranze. Lo Stato autosufficiente si fonda invece sulla creazione di una domanda interna solida e di un potere d’acquisto adeguato a sostenere la domanda aggregata, assicurando al contempo la giusta remunerazione del capitale  e la piena occupazione. Esorcizza altresì l’avidità delle Élite economiche e la loro brama di conseguire guadagni spropositati sfruttando le dinamiche disumane e neo-feudali, le delocalizzazioni e il lavoro sottocosto e precario che sono i caratteri tipici dell’economia globalizzata neo-liberale.
Uno Stato autosufficiente ricerca costantemente l’equilibrio tanto nella bilancia commerciale quanto nella distribuzione interna della ricchezza.
Questo non vuol dire che siamo tutti uguali!
Ci sarà la classe imprenditoriale, quella dei lavoratori autonomi e una grossa fetta di borghesia e forza lavoro con diversi livelli di reddito. Il ricco continuerà a essere ricco ma non avrà come contraltare la povertà assoluta, la precarietà e lo sfruttamento di larghe fasce della popolazione. Tutti avranno un lavoro e il loro reddito sarà automaticamente modulato, in rapporto alle capacità e al ruolo, ma senza lasciare nessuno in uno stato di indigenza o miseria.  Il Mercato interno e la domanda aggregata ne soffrirebbero e anche l’imprenditore di conseguenza vedrebbe diminuiti i suoi ordinativi e i suoi guadagni.
A questo punto la domanda sorge spontanea: i beni e le merci prodotte in uno Stato siffatto costeranno di più di quelle prodotte all’estero? Si, in molti casi questa eventualità potrebbe verificarsi!
Ma per uno Stato questo non è mai un problema se dispone degli strumenti adeguati per avere autonomia e autosufficienza ovvero: la Sovranità Politica e la Sovranità Monetaria!
La prima permette allo Stato di legiferare liberamente a favore della propria popolazione, libero da “Vincoli Esterni”, stabilendo leggi e regolamenti ostili a qualsiasi azione che intacchi il tessuto sociale ed economico della Nazione, proteggendo il Mercato Interno e promuovendo costantemente lo sviluppo e il benessere. La seconda crea il monopolio dell’emissione della Moneta nelle mani dello Stato che, dentro i confini nazionali, possiede una forza economica che nessun altra Entità, interna o esterna, può eguagliare.
Uno Stato con queste caratteristiche somiglia moltissimo a quello delineato nella nostra bellissima Costituzione e può sviluppare efficacemente la sua Economia, finanziare la Ricerca, le Industrie, la Sanità, il Welfare e le Infrastrutture. I settori in cui la Nazione, in una certa fase storica, dovesse dipendere dall’estero possono essere sempre sviluppati grazie a consistenti finanziamenti pubblici nella Ricerca e nelle infrastrutture.
I costi potrebbero essere più alti per i prodotti dei settori in fase di sviluppo? Probabilmente si, almeno all’inizio, ma lo Stato può tranquillamente assorbire i costi in eccesso o scegliere di aumentare il potere di acquisto dei cittadini per permettergli di fare fronte alle aumentate spese. L’importante è che la spesa dello Stato rimanga prevalentemente all’interno del circuito economico Nazionale. La spesa dello Stato infatti diventa automaticamente il reddito dei cittadini e incrementa il potere d’acquisto della popolazione. Questo ciclo economico, grazie alla spesa iniziale dello Stato, si autosostiene. Se invece si comprano prodotti a basso costo di importazione, quella ricchezza sparisce dal circuito economico nazionale e la Nazione si impoverisce.
In altre parole la differenza di costo tra il prodotto interno e quello importato corrisponde al futuro taglio  del reddito dei cittadini o di quello dei loro figli.
Oggi, nel regime neoliberale globalizzato, lo Stato non interviene nell’economia e i cosiddetti “Aiuti di Stato” sono una brutta parola e le risorse in ogni caso sono sempre scarse. Non abbiamo Sovranità Politica avendola delegata all’Unione Europea e non abbiamo Sovranità Monetaria avendo adottato una Moneta straniera l’Euro che non emettiamo. Una Élite finanziaria, domiciliata nei consigli di amministrazione dei Mega-Fondi di investimento, apolide e avida oltre ogni misura, ha scientificamente e efficacemente pianificato tutto questo e lo ha attuato grazie a una pletora di politici, sindacalisti, giornalisti e intellettuali conniventi, corrotti o semplicemente ignoranti.
L’homo sapiens, seppur dotato di un’intelligenza superiore, non l’ha accresciuta al punto da garantire il benessere e la sopravvivenza a tutta la specie pur avendo a disposizione oggi le risorse e la tecnologia per farlo. Continua a ragionare come se la scarsità incombesse ancora sulla nostra specie e anzi la crea artificialmente per potere giustificare la ferocia con cui una minoranza si accaparra la maggior parte delle risorse del pianeta opprimendo, schiavizzando, prevaricando e lasciando nell’indigenza la maggioranza della popolazione mondiale. La forma Stato, quando ha raggiunto una dimensione ottimale, quando è autosufficiente e libera da vincoli esterni, con un giusto sviluppo tecnologico, politico e sociale, induce in modo quasi automatico una dinamica sociale che noi conosciamo con il nome di Democrazia (grazie Grecia). Lo Stato Democratico, con la sua Moneta e le sue Leggi, ha impedito per lunghi periodi della storia che ristrette minoranze potessero prevalere. Lo Stato autosufficiente è per sua natura democratico perché per funzionare deve necessariamente promuovere il benessere di tutta la popolazione e ha bisogno del contributo di tutti per sostenersi. La sua economia si regge sul potere d’acquisto della popolazione che deve avere un reddito adeguato, sullo sviluppo della tecnologia e sull’eccellenza delle produzioni. Grazie alla sua Moneta può investire nella ricerca, nella tecnologia e in tutti quei settori che aumentano il benessere e la serenità della popolazione. La scarsità non esiste perché grazie a una giusta dimensione territoriale, a un adeguato apparato industriale e infrastrutturale, a un livello culturale e tecnologico sempre aggiornato e a una disponibilità illimitata di risorse finanziare, tutte le esigenze possono essere soddisfatte e lo Stato rimanere prospero e funzionale. Esemplificando al massimo, lo Stato di San Marino, ha una dimensione troppo piccola ed è impossibilitato ad essere autosufficiente in tutti i campi, alimentare, industriale ed energetico. Non ha abbastanza territorio, abbastanza produzioni alimentari e industriali e abbastanza cittadini per riuscirci. Un super-Stato come l’Unione Europea è invece troppo grande da governare e troppo eterogenea la sua popolazione. Basti immaginare che le risorse della ricca Baviera dovrebbero essere trasferite in grossa parte in una zona meno ricca, per esempio la Calabria o la Basilicata che non hanno nulla in comune con i tedeschi, ne cultura, ne storia, ne tradizioni, ne legami di vicinanza. Fintanto che l’UE serve ad arricchire la Germania, grazie alla connivenza dei nostri politici, l’Unione viene accettata ma diversamente le differenze culturali prevarrebbero. Uno Stato così vasto ed eterogeneo non potrebbe mai funzionare se non trasformandosi necessariamente in un Dittatura. Le ultime vicende legate all’emergenza Covid, ai provvedimenti anticostituzionali giustificati dalla Pandemia, alle restrizioni attribuite alle conseguenze della guerra in Ucraina e in generale alla sempre più pervasiva “politica dello stato si emergenza permanente” vi suggeriscono qualche cosa in proposito? Lo Stato autosufficiente in cui, per creare un Mercato Interno forte e vitale, viene salvaguardato il benessere e lo sviluppo di tutta la popolazione induce necessariamente la Democrazia.  Lo Stato disarmonico, sovradimensionato e globalizzato, con i suoi enormi squilibri interni tra una Élite sempre più ricca e una maggioranza sempre più indigente e sfruttata, figlio della moderna dottrina neo-liberista, per potere stare in piedi necessita invece di un Regime autoritario e quindi conduce inevitabilmente alla Dittatura.

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